giovedì 7 ottobre 2010

Pregare come Gesù pregava




Colui che vuol entrare nell'intimità divina deve saper trovare nella propria giornata un momento per pregare da solo a solo con Dio. E' il tempo dell'intimità, dell'incontro con il Signore. Tale tempo dev'essere protratto di tanto in tanto più a lungo per penetrare più profondamente nella scoperta di quell'intimità che è l'espressione della comunione con Dio.
Il luogo ha poca importanza, purché l'anima trovi sufficiente pace e silenzio. E’ vero che la fede può in ogni istante del giorno metterci in contatto con Dio. Ma è indispensabile interessare alla preghiera tutto il nostro essere. E per questo è necessario, ogni tanto, sradicarlo completamente dalle sue preoccupazioni abituali per immergervelo a fondo.
Il luogo della preghiera sarà quello in cui l'anima si sentirà più libera, e l'immaginazione e l'intelligenza accetteranno più docilmente di assecondarla nella sua ricerca del Signore. Poco importa che ciò accada a casa nostra, in una cappella o in una chiesa; è sufficiente che si possa essere interamente aperti a Dio e capaci di raccogliere tutte le nostre facoltà solitamente vagabonde. Bisogna essere realmente e completamente presenti, attenti solo a Dio, senza disperdersi perché attratti dal rumore, dalle sensazioni, dalle distrazioni, dai pensieri ossessivi. Il Cristo si ritirava in un angolo tranquillo, su qualche altura, e, raramente, portava con sé i discepoli.
Molti hanno dei pregiudizi contro questo ritiro dall'attività ordinaria e dalle strade degli uomini. Essi pensano che una preghiera di tal genere non sia fatta nelle condizioni reali... Pensano che si deve pregare dappertutto. E’ vero, si deve pregare dappertutto; ma coloro che parlano così e agiscono di conseguenza rischiano spesso di non pregare da nessuna parte.
Bisogna scendere a una grande profondità in sé e in Dio perché Dio si manifesti a noi in tutte le nostre attività. Bisogna scavare in profondità per trovare sorgenti tanto abbondanti che possano irrigare tutta la nostra esistenza. Le due dimensioni sono sempre complementari. Affinché tutti i nostri atti diventino preghiera, bisogna aver messo la nostra anima in contatto con il Cristo e con tutti gli altri a grande profondità. Ora, nelle condizioni normali dell'esistenza, ciò suppone un provvisorio abbandono del flusso delle cose umane per discendere nella corrente più profonda che le anima.
C'è una forma di preghiera che la preghiera comune non può rimpiazzare. Nostro Signore, è vero, disse che se due o più son riuniti nel suo nome egli è in mezzo a loro. Ha pregato insieme      ai suoi  discepoli, li ha fatti partecipare alla santa liturgia del suo sacrificio. Ma si è anche ritirato a pregare solo e ha insegnato ai suoi a comportarsi egualmente. La preghiera della comunità cristiana prende tutta la sua forza dall'unione con il Dio della Chiesa e dei cristiani che la costituiscono. Se si dimentica ciò, si ricade in un formalismo che darebbe alla comunità in quanto tale una specie di potere sacramentale. Come è la presenza sacramentale ed ecclesiale di Cristo che dà profondità alla liturgia comunitaria, così, salve le proporzioni, è la profondità d'unione delle anime alla Chiesa e a Dio, cioè a Dio nella e attraverso la Chiesa, che fa il valore della preghiera comunitaria. E' difficile tenere un giusto equilibrio nell'apprezzamento del valore rispettivo della preghiera comunitaria e della preghiera solitaria. Sotto l'effetto di una pressione del momento, molte anime s'allontanano dalla ricerca personale di Dio. E tuttavia è fra Dio e ogni singola anima che si decide la sorte personale di ciascuno. È ad ogni anima che il Signore pone anche oggi la domanda decisiva: « Credi tu? Mi ami tu? »
In realtà, non c'è nessuna differenza tra le due preghiere, poiché l'una e l'altra hanno Dio per oggetto definitivo. I due itinerari sono differenti, si esprimono in modo diverso, ma presto si ricongiungono ed entrambi portano a Dio. D'altro canto, proprio nella solitudine il contemplativo scopre il suo legame più intimo con i fratelli, e proprio la preghiera comunitaria gli deve far riscoprire la sua relazione personale con Dio.
Chi si sente portato alla preghiera solitaria non abbia vergogna, segua il consiglio del Signore, si ritiri nella sua camera e chiuda la porta per conversare da solo a solo con il Padre. Bisogna entrare nella solitudine della preghiera con la certezza che trovando Dio troveremo un amore più grande per i fratelli. Noi li abbandoniamo per ritrovarli più profondamente in Dio e in loro stessi. Dio trae a sé nella solitudine chi lo ama sino a che la sua anima si sia formata. L'uomo ha bisogno di solitudine per trovare se stesso e per svilupparsi. Altrimenti resta un bambino che ha paura d'essere lasciato a se stesso. 
“Quando vuoi pregare, entra nella tua camera, chiudi la porta…”; là troverai il tuo Dio e ritornerai ai tuoi fratelli col volto risplendente di luce divina.”

Coordinamento Nazionale TOV Italia



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